venerdì 7 giugno 2013

Staffette, giovani e professoroni: elogio della rivoluzione generazionale

ELOGIO DELLA RIVOLUZIONE GENERAZIONALE
Domenica scorsa ho letto su Repubblica un articolo di fondo di Tito Boeri che criticava la "staffetta" nelle aziende tra anziani e giovani, ventilata da più parti come misura da promuovere per combattere la disoccupazione giovanile.
L'economista spiegava che un anziano ancora in attività, lungi dall'essere un peso, costituisce invece un fattore di risparmio per lo Stato e per i contribuenti, senza contare che la sua esperienza e conoscenza può essere utilmente trasmessa sul posto di lavoro ai colleghi più giovani.
L'articolo assumeva talvolta toni ironici e sarcastici nei confronti degli attuali responsabili dei dicasteri di riferimento (Economia e Lavoro), entrambi non sospettabili di scarsa conoscenza delle discipline economiche.
Non contesto le tesi dell'economista, tuttavia non nascondo che i contenuti ed il tono dell'articolo mi hanno irritato. Come se, adesso, un opinion maker liberal riformista anti-establishment tendenza democrat pro-merito e pro-concorrenza fosse portato a smontare il giovanilismo imperante e la moda della rottamazione dei dinosauri.
Non parlo, appunto, di un economista iper-liberista e favorevole a qualsivoglia taglio alla spesa pubblica, ma di studiosi in genere attenti a non avallare la "macelleria sociale".
Forse è proprio questo che mi ha irritato. Se gli autori fossero stati Giavazzi ed Alesina, me ne sarei sicuramente fatto una ragione.
I cosiddetti "giovani" (io raggrupperei nella definizione diverse generazioni, fino indicativamente ai 40 anni ma non oltre) in Italia sono costretti ad accettare condizioni di vita e di lavoro così vuote di futuro che i loro padri e le loro madri non le avrebbero mai accettate. Ai loro tempi il posto di lavoro a tempo indeterminato era la norma, lo standard, senza contare le innumerevoli deviazioni verso forme di assistenzialismo e clientelismo che ancora paghiamo (concorsi truccati, assunzioni guidate e raccomandate, baby pensioni, etc.).
Non esistono analogie con la situazione attuale, beffardamente causata da chi, spesso, ancora occupa le stesse posizioni privilegiate acquisite allora.
Data questa sconsolante realtà, forse che non c'è bisogno di una staffetta? Certo che ce n'è bisogno! Ma stiamo scherzando? Le supposte ragioni della teoria economica (il risparmio marginale per la collettività determinato dalla permanenza in azienda di un anziano) vengono propugnate da economisti di destra o di sinistra, liberisti o riformisti, keynesiani o samuelsoniani, krugmaniani o della scuola di Chicago, che non hanno mai azzeccato una - dico una - previsione in tutto il periodo precedente alla attuale lunghissima crisi strutturale mondiale e neanche nel mezzo. Da chi, di destra o di sinistra, in Italia continua da decenni (compresi gli anni di crisi) a percepire lo stipendio fisso di docente universitario cascasse il mondo, a prescindere da qualsiasi genialità o semplicemente conoscenza e abilità nel fare il proprio mestiere. Magari lo stesso studioso e opinion maker tuona contro le baronie universitarie, ma lo fa dall'interno. Esiste un abisso fra chi è dentro il sistema - tipicamente i "non giovani" - e chi ne è escluso - soprattutto i giovani. Temo che chi è dentro non capisca realmente la condizione di chi è fuori, anche se guarda a sinistra, strizza l'occhio alla meritocrazia - a parole, e solo per gli altri -, riempie la pagina con riferimenti all'economia sociale ed alle buone relazioni sindacali.
Temo che non la comprenda neanche chi ha figli "giovani": forse per i propri ragazzi è ancora possibile qualche scorciatoia.
Nel nostro Paese c'è un problema generazionale grosso come una casa. Ci vuole una rottura. Ben venga la staffetta: per rassicurare gli economisti, a cui in fondo conviene che permanga  l'attuale stallo per poterlo combattere a parole, potrei facilmente sostenere che l'innesto delle nuove generazioni - choccante all'inizio - non potrà che determinare un aumento strutturale di produttività nel giro di qualche anno.
Forse potrei, tuttavia, accettare le loro filippiche e speculazioni se fossero così gentili da azzeccare non dico tutte, ma almeno una delle loro previsioni sull'uscita dalla crisi nazionale, continentale o mondiale (a scelta).

1 commento:

  1. condivido appieno quanto scrivi.
    soprattutto la critica a questi pseudo-economisti, che in realta' hanno la mentalita' del ragioniere-contabile ( senza offesa per i ragionieri!) e proprio non vedono i problemi sociali che in parte loro stessi hanno creato. potrebbero risolvere loro quei problemi? siamo realistici: ci cacceranno piu' a fondo nella crisi socio-economica

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